a nostra Sicilia, in cui si sente forte il richiamo ancestrale del Sacro, si arricchisce del “Festival Ierofanie”, un nuovo appuntamento dal respiro universale che, nato da un’idea di Fulvia Toscano e Claudio Collovà, sono certo pianterà a Segesta e Giardini Naxos, piccoli cosmi all’interno dell’universo Sicilia, un “germe di infinito”.
Per Mircea Eliade, la Ierophania è l’asse centrale dell’esperienza umana e di ogni tentativo finalizzato alla sua comprensione. E infatti, attraverso la fenomenologia della sua manifestazione, ci si spinge oltre il solito e l’usuale e l’uomo inizia un complesso dialogo con una realtà che trascende questo mondo, ma che in esso si realizza. Il cielo, la terra, l’acqua, un fiore e, aggiungo, lo stesso teatro, sono intesi da Eliade come oggetti profani se rimangono ciò che naturalmente sono, ma se riescono a generare qualcosa che racchiuda in sé il bello e il sublime, si fanno mediatori, portando un messaggio “altro” e alto. L’oggetto, quindi, è profano prima che il sacro irrompa in esso.
Produrre “Ierophanie”, come nel caso di questo Festival che, dalla potenza diventa atto, significa adoperarsi a ricercare il rapporto del nostro presente con il Divino, mostrare un’essenza che diventa “presenza” e dare una connotazione più profonda alla vita fin qui vissuta. Facendo un parallelismo azzardato, l’arte in senso lato, secondo il mio punto di vista, potrebbe essere accostata a Tiresia perché, come lui non solo da indovino, ma anche come conoscitore dei sentimenti, degli aneliti e delle abiezioni umane, rivelerà ad Ulisse la strada per ritornare a Itaca, così essa può farci da guida, intessendo lo ieri e l’oggi, ad un futuro in cui nell’ordinarietà diventeremo capaci di riconoscere la straordinarietà.
E la Sicilia è esperienza concreta di questo Sacro che si manifesta e diviene atto, diviene realtà fenomenica ed essenza di una Terra, la nostra, che oggi ha questo significato impresso nella propria identità più profonda.
Questo Festival, di cui apprezzo la ricchezza di ogni suo momento, legato da
un sottile quanto robusto filo rosso, sono certo che sarà vissuto e, poi, cristallizzato come espressione di alterità, come un “Oltre” che arriva fin qui.
Voglio chiudere con Kierkegaard, secondo cui “la vita può essere capita solo all’indietro, ma va vissuta in avanti”, ed è in questa riflessione che, per me, richiama il fine del neonato “Festival Ierofanie”, che si possono incontrare varie dimensioni temporali in uno stesso spazio, manifestando quanto di trascendente vi sia nella nostra realtà.
Alberto Samonà
Assessore dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana